Un orologio al quarzo, invece è frutto di energia elettrica in una bobina, che induce oscillazioni in un quarzo, da questa oscillazioni e da semplici considerazioni matematiche e circuiti informatici ne escono fuori modernissimi accessori, in grado di misurare secondi, multipli e sottomultipli, giorni anni, ma anche temperature umidità e quant’altro un termometro e un po’ di programmazione spicciola possa indicare. Ritengo che essi siano utili, magari anche precisi, ma il loro movimento è del tutto anonimo, privo di originalità, freddo.
Un orologio automatico, invece si muove in simbiosi con chi lo porta, rispecchia in qualche modo il suo proprietario, se egli è una persona dinamica, la sua “reserve” sarà costantemente al massimo, invece se la vita che si ha è di tipo sedentaria allora l’orologio avrà poca carica automatica. Come un cane fedele, esso si muove perché il suo proprietario si muove, se questo si ferma anch’esso lo farà. Le complicazioni di un orologio meccanico sono frutto di alta ingegneria, infatti il calcolo matematico alla base è identico a quello di un orologio a batteria, ma la sua realizzazione è frutto di un grande sforzo intellettuale, l’uomo attraverso la costruzione degli orologi cerca di piegare la fisica ai suoi voleri, e affronta problemi di fisica, quali l’attrito, l’energia potenziale ma anche la precisione degli strumenti di misurazione. Il Patek Philipe calibro ’89 è stato costruito in 9 anni e ha ben 33 complicazioni (ovvero funzioni speciali), 18.000 alternanze l’ora, 1728 componenti, esso è totalmente meccanico, è un opera d’arte e d’ingegneria, meriterebbe di stare in un museo e no di essere chiamato, come tanti altri, semplicemente orologio.
Ecco cosa mi piace di un orologio, il suo essere complicato, elegante, ingegnoso ma anche unico e frutto di tradizione ed esperienza.Ne posseggo solo due e ne vorrei avere tanti di più, ma mi accontento di godermi quelli che ho e sognare di averne di più complicati e pregiati.
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