Quando il 10 marzo 2010, immerso in una delle più grandi tempeste
di sabbia di sempre, salutai Khurais e l'Arabia Saudita promisi a me stesso di
non tornare mai più nel regno, troppo duro mi dissi, troppo pesante l'aria, ma
ogni volta che ripetevo quella promessa a me stesso un filo di amarezza mi
assaliva. Il promettere qualcosa di totale, di universale o di perpetuo è
sempre un fardello e quasi mi dispiaceva, ogni volta che ripetevo la mia
promessa mi precludevo la possibilità di rivedere il deserto, quello vero, le
mandrie di cammelli, quell'aria certo pesante ma che solo una teocrazia come
"il regno" può farti provare, e poi la sfida, precludersi la
possibilità di ripetere una sfida ha un prezzo elevato. Ma fino a 4 mesi fa il
prezzo della mia promessa ero ben felice di pagarlo. Poi una chiamata, una
serie di proposte, una debole trattativa, alcune promesse puntualmente
disattese, 2 mesi di vacanza, 10 giorni nel mare del nord tra Norvegia e
Danimarca, 3 settimane di lavoro nella città capitolina e adesso sono qui, alle
20.05 ora locale, all'aeroporto internazionale di Istanbul, ed aspetto un aereo
che mi farà infrangere quella promessa. Sono passati 31 mesi 13 giorni e circa
8h da quella promessa, il volo per Dammam mi porterà nel regno, mi rimetterà di
fronte ad una vecchia sfida vinta, con questo spirito e con l'imperdibile
voglia di scommettermi ri-affronto l'avventura. Fiducioso più di prima che da
ogni esperienza di vita possa nascere qualcosa di buono aspetto il volo seduto
in attesa che il gate apra.
Istanbul, 23/10/2012 ore 20.15
Nessun commento:
Posta un commento