
Per la seconda volta sono stato in Bahrein a rinnovare il mio visto. Seppur ho visitato gli stessi
luoghi ho avuto due esperienze notevolmente differenti entrambi riguardanti le donne.
La prima visita al piccolo stato arabo è stato teatro dell'unico contatto visivo e comunicativo con
una donna ed esso rimane tale ormai da quasi 60 giorni.
“Ciao”, “Che ci fa un'italiana a Natale in Bahrein?”, “buono questo ristorante” e poi un altro mese di deserto e di Arabia.
Ieri la mia esperienza è stato notevolmente differente, nessuna donna all'Oliveto (io preferisco
chiamarlo Ambasciata Culinarea), ma nel suk di Manamah ho incontrato un'altra donna, coetanea
della prima ma di origine araba, con questa donna ho scambiato ancora meno parole: “Sorry” e lei:
“Thank you”; io le davo i pochi Saudi Rial che avevo in tasca e lei mi ringrazia. Nel suo abito nero che con un velo le copriva anche il viso lei era una ripudiata; il marito infatti forte della legge l'aveva gettata via come un panno sporco condannandola lei e il figlio ad una vita non vita fatta di elemosina e di stenti. In un paese dove una donna non può lavorare, guidare, mostrare il viso, avere un'identità; l'unica sua salvezza , contatto con il mondo esterno è attraverso un uomo, il padre prima il marito dopo a decidono totalmente e completamente della sua vita. Mi sono indignato, avrei voluto urlare, gridare che non si può rendere schiavo un essere umano, non si può annientare la vita di una donna, a tutto c'è un limite che non adrebbe superato
mai; mi son dovuto arrendere allo stato di fatto, all'immutabilità delle cose, almeno nel breve
periodo.
In serata però il segno di speranza e apertura tra i popoli mi è arrivato dal driver indiano che riportandomi in campo mi ha
raccontato come nel suo paese, seppur organizzato per caste, lui che è musulmano, convive con
cristiani e induisti nel pieno rispetto delle differenze e con essi mi ha confessato di sperare in un
futuro migliore, magari un futuro in cui: “Obama will be like Ghandi”.
luoghi ho avuto due esperienze notevolmente differenti entrambi riguardanti le donne.
La prima visita al piccolo stato arabo è stato teatro dell'unico contatto visivo e comunicativo con
una donna ed esso rimane tale ormai da quasi 60 giorni.
“Ciao”, “Che ci fa un'italiana a Natale in Bahrein?”, “buono questo ristorante” e poi un altro mese di deserto e di Arabia.
Ieri la mia esperienza è stato notevolmente differente, nessuna donna all'Oliveto (io preferisco
chiamarlo Ambasciata Culinarea), ma nel suk di Manamah ho incontrato un'altra donna, coetanea
della prima ma di origine araba, con questa donna ho scambiato ancora meno parole: “Sorry” e lei:
“Thank you”; io le davo i pochi Saudi Rial che avevo in tasca e lei mi ringrazia. Nel suo abito nero che con un velo le copriva anche il viso lei era una ripudiata; il marito infatti forte della legge l'aveva gettata via come un panno sporco condannandola lei e il figlio ad una vita non vita fatta di elemosina e di stenti. In un paese dove una donna non può lavorare, guidare, mostrare il viso, avere un'identità; l'unica sua salvezza , contatto con il mondo esterno è attraverso un uomo, il padre prima il marito dopo a decidono totalmente e completamente della sua vita. Mi sono indignato, avrei voluto urlare, gridare che non si può rendere schiavo un essere umano, non si può annientare la vita di una donna, a tutto c'è un limite che non adrebbe superato
mai; mi son dovuto arrendere allo stato di fatto, all'immutabilità delle cose, almeno nel breve
periodo.
In serata però il segno di speranza e apertura tra i popoli mi è arrivato dal driver indiano che riportandomi in campo mi ha
raccontato come nel suo paese, seppur organizzato per caste, lui che è musulmano, convive con
cristiani e induisti nel pieno rispetto delle differenze e con essi mi ha confessato di sperare in un
futuro migliore, magari un futuro in cui: “Obama will be like Ghandi”.
1 commento:
Che omo!!!!!!
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